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“ SE NON SEI CON ME, SEI CONTRO DI ME”

Questo modo di vivere e di pensare fa parte dell’eterno conflitto e della contrapposizione ideologica di molte persone.

Superare questo vecchio motto permette di generare il vero incontro d’amore, o di amicizia profonda, ovvero sia il sapere stare accanto all’altro/a senza fondersi, ma rispettando i propri spazi e e quelli dell’altro/a: ciò vuol dire superare il proprio narcisismo, i propri bisogni e rispettare l’altro/a in una prospettiva empatica.

Oggi giorno purtroppo questo motto e’ sempre più forte e presente, in tutte le aree della vita: dalla politica, alle professioni, nelle relazioni affettive ma anche amicali.

Il bello della vita invece sta proprio nella diversità degli intenti, delle idee, e quindi nello scambio che può essere arricchente nonché generoso verso gli altri.

Non sei con me? E perche’ mai devi essere contro di me? Non sei con me…..basta, non la pensi come me, ma forse mi puoi comunque dare ed offrire una diversa prospettiva della vita che posso osservare, forse non condividere appieno, ma trarne sicuramente qualche cosa di nuovo.

Sei contro di me? Ma perche’ mai! E’ solo che non la pensi come me, ma anche tu puoi trovare qualcosa di buono nelle mie idee, opinioni o ideologie.

Perche’ portare avanti allora questo eterno conflitto che non fa altro che far morire la creatività la socialità’, lo scambio, generare astio  e patologgizzare sempre più una società cosi già sofferente di suo sul piano relazionale?

Proviamo a pensare

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ALESSITIMIA: che cosa e’?

(dal greco  alfa privativo – lexis = mancanza  – thimos = emozioni)

Spesso nella pratica clinica ho potuto riscontrare pazienti con tali caratteristiche, ma non solo, ma anche persone con queste caratteristiche nella vita di ogni giorno

Caratteristiche fondamentali

1. difficoltà di identificare i sentimenti e di distinguerli dalle sensazioni somatiche;

2. difficoltà nel descrivere e comunicare emozioni e sentimenti alle altre persone;

3. processi immaginativi limitati;

4. stile cognitivo orientato esternamente.

Si tratta quindi di un “disturbo della regolazione degli affetti”.

Le persone alessitimiche hanno difficoltà a comunicare verbalmente agli altri il proprio disagio emotivo e non riescono ad usare le altre persone come fonti di conforto, di tranquillità, di feedback, di aiuto nella regolazione dello stress. La scarsità della vita immaginativa, inoltre, limita la loro possibilità di modulare l’ansia e le altre emozioni negative, attraverso i ricordi, le fantasie, i sogni ad occhi aperti, il gioco, ecc.

L’incapacità di verbalizzare le proprie emozioni non va considerata quindi come una difficoltà di tipo esclusivamente espressivo ma come una vera e propria limitazione nella possibilità di elaborare le emozioni e di costruire un proprio mondo interno. Oltre che come tratto di personalità relativamente stabile.

“l’anestesia emozionale” sembra avere finalità adattive, rappresenterebbe cioè un massiccio meccanismo di difesa verso la propria realtà interiore fonte di sofferenza e di grosso scompenso.

Alla luce dei recenti lavori di ricerca, l’alessitimia appare molto rilevante per il livello di salute e benessere complessivo dell’individuo: ad oggi è considerata come uno dei possibili fattori di rischio per svariati disturbi somatici e psicopatologici, (disturbi narcisistici della personalità, sindromi borderline etc.) in quanto l’incapacità di modulare le emozioni per mezzo dell’elaborazione cognitiva genera nei soggetti alessitimici la tendenza a liberarsi da tensioni causate da stati emotivi non piacevoli mediante comportamenti compulsivi quali: l’abbuffarsi di cibo, l’abuso di sostanze, il comportamento sessuale perverso, scatti di rabbia (insulti), uso di meccanismi arcaici difensivi come l’identificazione proiettiva (vd sotto *)

Lo stile cognitivo “orientato all’esterno”, cioè la focalizzazione dell’attenzione sull’esterno piuttosto che sulla vita interiore, può portare a amplificare e fraintendere le sensazioni somatiche, scatenando ansia e preoccupazioni ipocondriache, nonché’ totale disempatia verso il prossimo.

Anche la sfiducia interpersonale appare in parte legate al costrutto dell’alessitimia, in quanto coglie altri aspetti del problema della regolazione affettiva: la riluttanza a formare relazioni intime e a comunicare i propri sentimenti agli altri.

Per quanto concerne, infine, la relazione tra alesstimia e disturbi di personalità, è stata ipotizzata una sovrapposizione tra alessitimia e disturbo borderline di personalità.

Grotstein identifica tale disturbo come un disturbo dell’autoregolazione affettiva e sostiene l’esistenza di un’influenza reciproca tra variabili biologiche e psicologiche. Grotstein osserva come tali pazienti, “mancando della capacità di confortarsi da soli normalmente e di confortarsi attraverso relazioni oggettuali, sono costretti a ricorrere a droghe, cibo o altri espedienti al fine di regolare i propri stati psichici”, mancano cioè di capacità di autoregolazione.

In conclusione: il costrutto di alessitimia è definito da caratteristiche cognitivo-affettive comprendenti una significativa difficoltà a identificare gli stati emotivi, distinguere fra affetti e componenti somatiche delle emozioni, comunicare le proprie emozioni agli altri, oltre a uno stile cognitivo concreto e orientato alla verso la realtà esterna, povertà di immaginazione, mancanza di introspezione, scarsa attività onirica, conformismo sociale, tendenza ad esprimere le emozioni attraverso l’azione. Diversi studi in letteratura hanno messo in luce come il costrutto alessitimico, inizialmente associato ai disturbi somatoformi, sia invece riscontrabile in numerose altre patologie psicopatologiche, inclusi i disturbi dell’umore, dell’alimentazione, di personalità e di abuso di sostanze.

* IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA: (cenni) è correlata alla scissione. Consiste in un evacuare, un allontanare da sé un’esperienza completa di sé. Non solo una caratteristica umana viene vissuta come appartenente ad un’altra persona, ma si tratta dell’espulsione in toto di un’esperienza e della parte di sé capace di sperimentarla. Si tratta tuttavia di una evacuazione che riesce solo parzialmente. Il soggetto mantiene una certa risonanza con l’esperienza che ha proiettato. Cioè egli continua a sperimentare dentro di sé le emozioni ed i significati che ha proiettato sull’altro. Ma lo sperimenta come se provenisse dall’altro. Egli è convinto che sia colpa dell’altro se sta facendo quell’esperienza.
L’identificazione proiettiva crea, e quindi quasi sempre trova, conferma dei suoi assunti. Perché ne crea le condizioni. Si assiste spesso a questa sorta di induzione di esperienza dell’altro. L’identificazione proiettiva è  una difesa altamente patologica che finisce per indebolire ed impoverire il Sé, privandolo di intenti settori di esperienza.

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Passione, improvvisazione e transfert tra Psicoanalisi e Jazz

“Senza voce non c’e’ parola”

Presentero’ questo scritto, non teorico, ma che si rifa’ strettamente alla passione,alle mie due passioni che da sempre cerco di coniugare.

La grande passione sia per la psicoanalisi che per il jazz (come cantante) mi porta a presentare ai colleghi questo lavoro in cui vorrei mettere in evidenza quanti punti di contatto esistono tra queste due passioni e che legame profondo le unisce.La mia infanzia e’ stata accompagnata dall’ascolto della musica jazz grazie a mio padre che mi aiutava ad ascoltarla e anche a sapere ascoltare i singoli strumenti. A questo punto della mia vita posso dire che mi abbia insegnato l’ASCOLTO.
Penso che il desiderio umano di cantare, di darsi un ritmo o di fare musica nasca dalla precoce esperienza sonora del feto che ascolta la voce materna, il ritmo cardiaco e i gorgoglii del liquido amniotico:un rapporto basato anche sull’improvvisazione,laddove il bambino risponde alle sollecitazioni vocali materne articolando i primi suoni, improvvisando e creando le prime lallazioni. E l’improvvisazione poi attraverserà’ tutta la nostra vita: la nostra voce sarà’ sempre la stessa anche se potrà’ differire.
Nella psicoanalisi la voce nei suoi scarti vocali, inceppamenti, salite di tono, racconta di una persona spesso con più precisione delle parole; non si può fare analisi senza la voce, senza il suono.E allora la voce dell’analista può diventare il padre, la madre,l’accoglienza,il rimprovero,un caldo abbraccio,una scudisciata. E nella circolarita’ dei suoni avviene gran parte della cura psicoanalitica.
Nel canto jazz, come nell’analisi, un errore di esecuzione può aprire nuove strade, molto più di una esecuzione perfetta ma priva di passione.Si pensi alla riedizione del trauma nel transfert, di rendere visibile l’invisibile e alla possibilità’ di riparare.
E allora penso all’importanza che dava Freud agli ‘scarti’ (sogni,atti mancati,lapsus): la voce e’ lo ‘scarto’ della parola, quello ‘scarto’ che conta per l’inconscio;
penso all’inciampo vocale nel transfert che e’ sorprendente e inevitabile e nell’improvvisazione, come nel transfert, si fa musica con l’incomprensibile e l’imprevisto.
L’improvvisazione rende vivace lo standard,lo movimenta,lo rilegge: il transfert e’ improvvisazione musicale.
La caratteristica improvvisativa della voce umana e’ ciò che fa della voce un luogo di transfert del dire, per questo che la voce in psicoanalisi e’ il legame con l’inconscio.
Basti pensare a Freud quando chiamava il sogno “la via regia all’inconscio” ma il sogno si racconta con le parole.

Il musicista jazz (con la voce o con lo strumento) non sa bene che note suonerà’, ne’ come ne’ quanto, e nel jazz, come in una seduta,la musica, come le parole, ad un certo punto vanno avanti da sole e si improvvisa,cioè si fa del nuovo con il già saputo: un analista non sa mai in anticipo cosa dira’ il suo paziente, anche se lo conosce bene, ma e’ sempre con lui e alla scoperta di cose nuove come se non sapesse nulla di lui.Nel jazz l’improvvisazione e’ una sensibilita’ in cui devi empatizzare con l’altro e che si fonda sulla regola. “studia più che puoi ma quando suoni dimentica tutto.” (C.Parker)

La passione la leghiamo all’approfondimento: mentre ascoltiamo musica il nostro piacere è legato all’equilibrio tra la sorpresa e la conferma della nota che sta per arrivare rispetto alla nota da noi attesa, il piacere dipende dalla conoscenza, la conoscenza discende dalla passione. La passione porta conoscenza, la conoscenza aumenta la passione. E’ un fenomeno bilaterale,un fenomeno “virtuoso”. Cosiccome la passione ti porta alla conoscenza dell’anima, all’ascolto empatico, al dialogo terapeutico,alla spinta vitale della cura.
E la passione si autoalimenta vivendola, potendosela permettere e lasciandola fluire liberamente….fluttuare.

Il jazz come la psicoanalisi va nel profondo,pervade….va avanti e poi indietro
alti e bassi…..luce e oscurità’ nei toni
…anticipa e ritarda…rassicura e sorprende…

Entrambe viaggiano col motore della passione
il jazz e’ comunicazione libidica, attraente,ti mette a nudo,ti tocca dentro come in una seduta.
Il transfert non e’ un protocollo anticipato e, come nel jazz, ciò che funziona non e’ scritto prima.

Nell’analisi, il transfert ti porta a interrompere una sorta di diacronia, che e’ nell’evoluzione lineare della storia del paziente che si sviluppa pian piano, ed il passato ed il presente si uniscono in forma verticale a livello sincronico: c’e’ una storia che si sviluppa nel rapporto terapeutico, ma ci sono alcuni momenti più drammatici o pregnanti in cui e’ come se ci fosse una condensazione di passato e presente in cui tutto e’ allo stesso momento.(Mariela Meja) Così come accade nel jazz, in cui dalla musica di fondo partono gli assolo,le improvvisazioni in cui la voce o lo strumento può elevare l’ascoltatore a momenti di grande emozione, commozione e struggimento.
Nel jazz anche se c’e’ musica di insieme, ci sono gli assolo che ci catturano come i sogni o alcuni elementi/oggetti analitici che compaiono all’interno del setting

La peculiarità’ del jazz e’ che non ti da la sensazione di armonia, del tutto, ma il particolare nel tutto; nella struttura del jazz ogni strumento lo riconosci, lo senti, lo puoi seguire all’interno dell’insieme dell’armonia, perché ci sono gli assolo. Come nel sogno ci sono molti elementi che posso essere “ascoltati”. E’ la possibilità’ dell’ascolto multiplo. Attraverso il jazz, tutte le parti del Se’ possono essere vissute. Si può scoprire che il pianoforte e’ come una parte di un sogno e lo puoi seguire, prestandovi un’attenzione specifica.
Fare esperienza del jazz e’ attivare un dialogo interno tra l’Io e le parti del Se’, da cui nascono nuove modalità’ e se il musicista non può fare questa operazione allora non c’e’ vita mentale. Il jazz e’ vita mentale. Se non ci si accoppia con le parti del Se’ non si può vivere: il jazz te lo consente con un’armonia di sottofondo: e l’accoppiamento intrapsichico permette la relazione, che è foriera di creazione, creatività. Nel  jazz c’e’ la scintilla, l’Originario della relazione. (Annapaola Giannelli)

La passione, sia nel canto jazz che nella cura psicoanalitica, e’ l’unica forza che  permette di osare, di esplorare e di spingersi oltre la pensabilita’.

Queste due passioni sono state il filo conduttore della mia vita sino ad ora, e lo sono ancora,e viaggiano fortemente sul binario dell’emozione,hanno altresì permesso la relazione con chi come me e’ appassionato o alla psicoanalisi o alla musica jazz, creando legami forti e stabili nel tempo.
Devo alla passione una lettura della vita profonda e ritmica.
Concludo dicendo che come il fluire psichico, il jazz non si ferma mai,se il jazz si ripetesse, non sarebbe jazz.

 

 

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Psiconefrologia: uno studio sulla ricaduta dello stato depressivo sui livelli cognitivi nei pazienti emodializzati

Relationship between depression and cognitive impairment in hemodialysis patients

(Prof. Mazzaferro Sandro – Dott.ssa Novelli Maria Emanuela)
 

INTRODUCTION:
Patient with chronic kidney dIsease (in Hemodialysis) frequently show cognitive dysfunction.
The association of depression and cognitive function (time and spatial orientation, memory, attention and calculation, logical capacity and capacity of comprehension,) is not well known in maintenance dialysis patients. Depression is characterized by feeling of helplessness,hopelessness, inadequacy, sadness and a loss of interest in daily life.
Many people feel overwhelmed and depressed when they first find out about their kidney disease and the need to start dialysis. People often feel like their entire lives have been turned upside down,and this can significantly impact psychological health

AIM of our study is to evaluate
1. The impact of depression on cognitive impairment
2. The possible impact of cultural and social environment (metropolitan vs country) on these items.

INSTRUMENTS:
1. Questionnaire with hystory
2. Geriatric Depression Sale (GDS) (Yesavage     JA et al.)
3. Brief Exam Neuropsychological 2 ( Mondini et al.)

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L’INIBIZIONE AFFETTIVA: Che cosa e’ e come curarla

L’inibizione affettiva consiste nella difficolta’ ad esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni nonché ad identificarle.

La maggior parte di queste persone pur provando emozioni e sentimenti, per quanto le reprimono talvolta inconsciamente, trovano estremamente difficile poterle identificarle e di conseguenza esprimerle. Spesso non riescono a comprendere la natura di ciò che provano, se sia amore o amicizia, o nostalgia o solo un pensiero. Rimanengono inerti dinanzi a domande personali o più profonde, limitandosi con risposte standardizzate e di convenienza, come in modo automatico o compiacente, ovvero sia rispondendo come gli altri si aspettano che essi rispondano. Talvolta addirittura rimanendo in silenzio.
Apparentemente sembrano fredde, come se non provassero alcun sentimento e talvolta nei casi più gravi davvero non provano nulla (alexitimia): sono segnali simili alla depressione: come se non provassero piacere o non fossero interessati alla vita sessuale, sembrano seri o annoiati, hanno scarsa vita sociale, non sono creativi o fanno fatica a fantasticare e sono dipendenti.
Solitamente l’inibizione affettiva ha origine lontane: una famiglia a sua volta anaffettiva, o critica, svalutativa o denigrante: i modelli di comunicazione familiare e fattori socio-culturali possono determinare l’inibizione delle emozioni;nei casi più estremi sono conseguenze di traumi fisici o psicologici nella prima e seconda infanzia, ed il “silenzio emotivo” diventa una risposta dominante.
Per questo si rende necessaria una psicoterapia che possa colmare, in una relazione terapeutica empatica, questi vuoti affettivi o riempire la mancata espressività emotiva vissuta in alcuni ambienti familiari.
Un’altra componente fondamentale e’ la difficolta’, talvolta impossibilita’, di stabilire legami profondi sia dal punto di vista amicale che sentimentale, avendo cosi una vita arida che a sua volta aumenta l’inibizione stessa.
Questa problematica psicologica può essere risolta con un buon trattamento psicoterapeutico poiché le emozioni sono il SALE DELLA VITA e il silenzio emotivo rende la vita amara e vuota.

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Riflessioni sul Convegno “Integrazioni e spazio clinico: Winnicott oggi” svoltosi a Prato il 23 settembre 2017

Il Convegno e’ stato organizzato dall’Associazione Fiorentina di psicoterapia psicoanalitica, dal Centro psicoanalitico di Firenze, – Società’ psicoanalitica Italiana, dal Centro Studi Marta Harris – Associazione Marta Harris Psicoterapia Psicoanalitica Infanzia e adolescenza, dalla Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica e dall’ Opera Santa Rita Onlus.

Cinque associazioni insieme per studiare, valorizzare e approfondire l’opera spettacolare di Donald Winnicott. Uno sforzo e una novità dai più’ molto apprezzata!
Un particolare ringraziamento va alla nostra socia SIPP, Dott.ssa Felicia Di Francisca, che e’ stata molto attiva, competente e stimata rappresentatrice della nostra Società per il suo spirito organizzativo e volitivo, nonché’ e’ stata membro della Commissione Scientifica del Convegno.
Impeccabile l’organizzazione e l’accoglienza dei 300 iscritti, provenienti da diverse realtà sia regionali che professionali, istituzionali e non.
Il pensiero di Winnicott e’ stato sviscerato e analizzato approfonditamente dalle relazioni ricche e stimolanti che menzionero’ di seguito.
Il dibattito con la platea e’ stato acceso,curioso intellettualmente e di alto livello.
La presenza della Dott.ssa Caldwell, inglese ,ma con un’appropriata esposizione in lingua italiana, ci ha donato contributi e spunti riflessivi molto profondi .
L’introduzione della Dott.ssa Tacci al mattino e della Dott.ssa Guerrini degli Innocenti sono state preziose nonché un pregiatissimo collante tra le relazioni e il dibattito con il pubblico.
Il progetto, in chiusura, e’ stato quello di rincontrarci il prossimo autunno con un convegno “Winnicott 2”.
Il pubblico, malgrado le molte ore di ascolto, e’ stato compatto sino in ultimo, segnale di grande interesse e partecipazione attiva.
Di seguito vi scrivo i titoli delle relazione presentate:
Lesley Caldwell; The collected works of Donated Winnicott ; A frame of future scholarship (tradotto e trasmesso in lingua italiana su mega schermo in “Donald Winnicott: una cornice per la ricerca futura)
Anna Ferruta: ‘My latest brain-child’
Vincenzo Bonaminio: Clinical Winnicott: il percorso lungo un sentiero rivoluzionario nell’ambito della psicoanalisi classica
Paolo Fabozzi: Una quieta e radicale rivoluzione futura
Donald Winnicott e la genesi di un nuovo vertice psicoanalitico
(seppur poi la abbia espressa egregiamente a braccio)
Marco Armellini: Le consultazioni terapeutiche

Concludo riflettendo quanto l’organizzazione e la compartecipazione di più Società/Associazioni, sia quanto di più stimolante ci possa essere, non solo per i diversi ma comuni approcci, ma anche per dar modo ai partecipanti di conoscere i vari punti di vista,di conoscersi tra di loro e stabilire nuove connessioni, aree di ricerca e rapporti.

Maria Emanuela Novelli

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I buchi della scuola elementare di stato italiana: ma perché?

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Di cosa c’e’ bisogno nella scuola elementare di stato? Di strutture!
Nella scuola elementare di stato manca tutto! Di conseguenza viene chiesto ai genitori una partecipazione massiccia e i genitori si offrono per pulire le aule, per portare materiale indispensabile come: la carta igienica, lo scottex, il sapone, i fazzoletti e molto altro,spesso aiutano i docenti anche a traslocare,perché l’istituzione scolastica non ha risorse economiche!
I genitori si offrono per fare l’orto, staccare le tende diventate oramai grigie e portarle a lavare, ripulire i banchi, far sparire chiodi pericolosi per i bambini dai muri e dalle sedie, e quindi poiché la scuola “chiede” i genitori si sentono autorizzati a collaborare e purtroppo anche legittimati spesso ad intrudere nelle linee didattiche e non solo.
I genitori acquisiscono un POTERE, che alcuni esercitano in modo garbato ma altri in modo invadente e intrusivo, dipende da chi ha figli più fragili o con problemi o meno.
Questo e’ un problema che gli insegnanti spesso si trovano ad affrontare, e la scuola si trova ad essere costretta a diventare sempre più rigida imponendo regole forti come quelle di non far entrare i genitori per portare materiale dimenticato dai figli o un ombrello, onde evitare di trovarsi il genitore, che ha collaborato a rendere la scuola meno fatisciente,o “che deve portare la carta igienica”, fuori dalla porta dell’aula in cui l’insegnante svolge la sua regolare lezione, solo per controllare il proprio figlio o la didattica. La scuola si chiude e il genitore si offende. E’ una contraddizione!
E’ come un ricamo che va svolto con pazienza,autorevolezza, rispetto delle regole e dei ruoli e gentilezza.
A questo punto entriamo nel punto nodale: c’e’ la distorsione della competenza: tutti divengono competenti di tutto. Il genitore vuole fare il maestro, l’insegnante deve fare anche lo psicologo, l’assistente sociale etc etc. Mentre ognuno dovrebbe svolgere il suo ruolo e/o il suo lavoro. Difatto il genitore che lascia il proprio figlio a scuola per cinque o otto ore, dovrebbe stare sereno piuttosto che ansioso, e questo accade di rado. La scuola italiana e’ povera, non vi sono investimenti sull’istruzione e tutto ciò si riverbera negativamente sul rapporto insegnanti/genitori. A discapito dei bambini. Poiché l’insegnante non ha materiali dalla scuola, dalle lavagne ad altro, e’ costretto a rifarsi ai genitori volenterosi chiedendo aiuto, ma tutto ciò potrebbe creare la confusione dei ruoli, inficiando sia la didattica che la gestione di situazioni particolari di competenza specifica dell’insegnante.
La scuola in genere e’ basata sul principio dell’inclusione:
– creare il gruppo classe
– creare un buon rapporto tra insegnanti
– creare un buon rapporto tra insegnanti e genitori
– creare un buon rapporto tra insegnanti e allievi
POICHE’ E’ UNA COMUNITA
Il genitore dovrebbe ascolater e “sentire” ciò che dice l’insegnante per il bene del bambino, ma non tutti i genitori sanno ascoltare.
Manca la figura professionale dello psicologo scolastico,(le ASL sono carenti) che dovrebbe sostenere genitori, bambini e insegnanti dando loro le giuste guidelines, diversamente invece accade in Europa.
Gli insegnanti si trovano costretti a fare molto di più, divenendo oberati di richieste, a fronte di un basso stipendio e di uno scarso ruolo sociale. Si trovano costretti a farsi delle competenze da soli, attraverso la frequentazione di corsi di aggiornamento, per potere affrontare al meglio le diverse problematiche che si presentano. Sono costretti a svolgere anche funzioni di psicologo, assistente sociale e baby sitter. Sono in aumento i DSA e BES,l’autismo, l’ADHD e l’insegnante si trova anche a dover stilare il PDP e il PEI per gli allievi disabili.
Questi oneri, a volte insostenibili, per i docenti della scuola italiana, di certo non rendono la scuola adeguatamente fruibile, un punto di crescita e di sereno sviluppo per i bambini; l’istituzione scolastica si regge solo sulla buona volonta di docenti che, trovandosi spesso di fronte alle problematiche suddette, si sentono soli e abbandonati e su genitori confusi che nel tentativo di “aiutare” una scuola cosi carente, talvolta inficiano l’andamento di una didattica già di per se’ difficile da svolgere per i tanti ostacoli che via via si incontrano.

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Guarire i traumi in tempi rapidi con l’EMDR

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Gentili lettori con la tecnica psicoterapica e neurofisiologica dell’Emdr, NOI terapeuti Emdr siamo in grado di affrontare e risolvere molti traumi che tanto fanno soffrire l’essere umano.

Questo breve scritto e’ rivolto a chi ha subito un o piu’ traumi ma anche a chi pur avendo fatto una psicoterapia o avendola in corso, non riesce a sbloccare e risolvere traumi particolari, come lutti, perdite, separazioni, angosce d’abbandono, dipendenze, ansie sociali, ossessioni e fobie gravi.

In tempi rapidi che vanno dalle 8 alle 12 sedute, noi terapeuti Emdr, forti anche di una lunga formazione psicoterapeutica alle spalle, possiamo affrontare,sbloccare e risolvere i suddetti traumi.

L’Emdr  e’ riconosciuta dall’Ordine dei medici italiano dal 2013, negli USA e nel Regno Unito. Studi scientifici stanno documentando l’efficacia di questa tecnica, anche nei traumi con la T maiuscola: come i sopravvissuti a terremoti, alluvioni, gravi incidenti ed eventi bellici.

 

Quando “sbagliare”apre nuovi sentieri

Sbagliare:un termine cosi importante,così difficile,cosi comune ma così doloroso al contempo.

Sbagliare ha tante sfaccettature:sbagliare sul lavoro,in amore,nello scegliere,nel comportarsi,nel consentire ciò che non si dovrebbe consentire mai,nella valutazione di chi non merita.

Sbagliare fa male prima a se stessi che agli altri:e questo fa la differenza sostanziale! Spesso si sbaglia senza saperlo,addirittura credendo di far bene.Quando si comprende l’errore o gli errori spesso è troppo tardi.Ma c’è un momento che può salvare l’essere umano:

LA CONSAPEVOLEZZA. La consapevolezza che malgrado il percorso sia giusto,ad un certo punto,un nodo può impedire la realizzazione finale del progetto.

Capire l’errore,esserne consapevole, apre vie inaspettate,perché la Psiche è plastica.Può aprire nuovi percorsi; dal cambiare totalmente stile di vita,a rivoltare le nostre scelte,a rivalutare aspetti dimenticati,a intraprendere nuovi sentieri.Da qui,la considerazione che lo “sbaglio” non sempre ferma l’individuo,ma addirittura può farlo ripartire con più grinta e forza di prima,in virtù della consapevolezza di ciò che è stato e del suo vissuto personale in prospettiva di una evoluzione positiva sia sul piano emozionale che razionale.

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IL CALCIO: aspetti sani e malsani

  1. Ho deciso di trattare questo argomento in quanto coinvolge adulti, giovani e bambini e famiglie intere. In particolar modo in Italia e’ lo sport più seguito.

Come ogni forma di competizione sportiva, il calcio prevede sia la pratica che semplicemente il tifo,ovvero sia l’essere seguito, un tempo via radio oggi via tv. E’ sicuramente uno sport di aggregazione, che prevede un team, che da’ emozioni forti a chi tifa la propria squadra, ma anche delusioni e tristezza. Son pur sempre emozioni da condividere,di cui parlare anche nei giorni seguenti la competizione; per chi si reca allo stadio addirittura le emozioni si centuplicano vedendo le coreografie,i tanti colori, i cori e le organizzazioni che sono a monte delle tifoserie. L’aggregazione e’ un momento in cui si vive tutti insieme per uno stesso ideale, condividendo gioie e delusioni, ma stando comunque insieme riuniti,come in quelle famiglie  in cui si e’ tutti tifosi

Chiediamoci anche il perche’ questo sport ha tanto seguito. Pochi sono rimasti gli ideali in cui credere fermamente, la politica ci ha profondamente deluso, l’economia traballa, le religioni spesso sono in conflitto tra di loro e le comunità religiose non riescono spesso a stare al passo con i tempi, creando pochi momenti di aggregazione.

Sia gli adulti che i giovani, hanno bisogno spesso di stare insieme, prendendo in prestito un incontro calcistico magari importante, a cui può seguire una cena goliardica o una semplice reunion sul divano di casa con chiacchiere in ordine sparso e i commenti sulla partita appena vista.  Nell’era di internet e dei social network “lo stare insieme” diventa sempre più complesso,ci si ritrova a parlare per messaggi vocali, a scriverci mail, o whatsapp,ma raramente a guardarci negli occhi, esultare o piangere insieme. Semmai postiamo un emoticon con una lacrima oppure con un sorriso.

Lo stare tutti insieme un po’  “pelle a pelle” rende l’individuo più essere umano; si ritorna più alle origini, dove l’uomo primitivo a fine serata si sedeva intorno al fuoco e semplicemente stava con i suoi simili per condìvidere il tempo e le esperienze.Un tempo creativo e di crescita insieme. In ultimo questo sport offre un’emulazione positiva: penso ai “modelli” che certi giocatori possono trasmettere ai più piccoli; uno slancio di generosita’ in campo, uno scambio di abbracci, lo scusarsi se ci si e’ colpiti e fatti male.

L’altra faccia della medaglia e’ il lato oscuro del calcio: esso offre agli  animi facinorosi una valvola di sfogo in cui incanalare rabbia inespressa e violenza,razzismo e altre aberrazioni dell’animo umano.

I nostri ragazzi, specie gli adolescenti, sono molto inclini a “ricopiare” quelli che sono i loro idoli e non sempre l’imitazione può portare a comportamenti congrui e adeguati. Lo stadio o la tv sono veicoli fondamentali per la trasmissione di comportamenti adeguati dal punto di vista sociale. E proprio qui mi appresto  ad affrontare il tema degli aspetti malsani del calcio. Parliamo di tutto ciò che c’e’ dietro il calcio, le scommesse e via dicendo, questioni economiche non del tutto pulite, comportamenti in campo che manifestano un alto livello di aggressivita’, che nulla hanno a che fare con una competizione agonistica….anzi. L’incitazione sotto le curve di urla, canti particolarmente offensivi, risse dentro il campo ma soprattutto fuori, fino ad arrivare ad accoltellamenti, non fanno del calcio più uno sport, quanto una sorta di combattimento tra animali, tra branchi per vedere chi vince su chi o chi e’ il più forte: e questo allora non e’ più sport, ma è la nostra brutalità animalesca trasfigurata in uno sport. Nella pratica i nostri ragazzi quando appartengono ai club ben organizzati e sportivi imparano in primis il comportamento in campo,fatto di regole (talvolta anche rigide), di obbedienza ai mister, di educazione, ed anche (perché no) di punizioni…..espulsioni, cartellini rossi etc ect.

Concludo dicendo che il calcio non e’ detto che debba sempre essere considerato come lo sport di chi non vuole pensare al vivere quotidiano trascorrendo la domenica allo stadio o davanti alla TV vedendo la partita ma, se ben praticato, vissuto e regolamentato, e’ uno sport che richiede al nostro corpo molti tipi di prestazione e competenze, dall’intelligenza, alla velocità, dall’attenzione necessaria alla visione di gioco, allo spirito di sacrificio e, perché no, anche l’orgoglio di stare, per alcuni calciatori, tanti anni con il proprio team e per i tifosi vederli da anni insieme.

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