L’angoscia d’abbandono: cause, conseguenze e soluzioni

 La base neurofisiologica dell’ansia è qualitativamente differente dall’angoscia ma vengono spesso usate come sinonimi

Il punto centrale, infatti, è l’abbandono, o meglio, la separazione vissuta dalla persona come abbandono: ecco che scattano una serie di meccanismi e di comportamenti che tentano di arginare, contenere e allontanare la possibilità che l’altro se ne vada e che ci lasci soli con la nostra vita.

La paura di essere abbandonati appartiene a ciascuno di noi: da bambini temiamo di essere abbandonati dai nostri genitori, da adulti abbiamo il timore di perdere le persone che amiamo e di rimanere per sempre senza legami affettivi. Il risultato è che molto spesso si creano delle relazioni emotivamente dipendenti e poco sane basate sulla paura di perdere l’altro anziché sulla gioia di dare incondizionatamente.

Ecco allora che si sviluppa attaccamento e desiderio di possesso: esattamente il contrario della libertà, principio fondamentale dell’amore e dell’amicizia.

La trappola dell’abbandono scatta principalmente nelle relazioni più intime e può essere scatenata o da perdite o separazioni reali come  un trasloco, il divorzio, l’abbandono o la morte o da qualsiasi altra causa che preveda un’interruzione del contatto con l’altro.

Altre volte la paura dell’abbandono si manifesta nell’impossibilità di troncare relazioni dannose siano esse di amicizia, di amore o di lavoro. Pur riconoscendo che quelle relazioni non siano fatte per noi e non ci facciano stare bene, non riusciamo a troncarle per paura di rimanere soli. Così facendo non solo prolunghiamo questa sofferenza, ma escludiamo ogni possibilità di aprirci a nuove relazioni più salutari e adatte a noi (e all’altro). In altri casi, siamo così scottati e in preda alla paura da chiuderci totalmente e non volere più nessuno accanto per paura di essere abbandonati un’altra volta. La paura di soffrire è così forte che preferiamo anticipare ogni mossa e troncare quella relazione prima che le cose accadano realmente nell’illusione di poter controllare le nostre emozioni, provocando in realtà tristezza e frustrazione. La felicità è un diritto di nascita e avere delle relazioni soddisfacenti nella nostra vita è possibile.L’ansia dell’abbandono è così definita perché, appunto, si esprime con stati di forte ansia. Ma è possibile che la percezione della perdita si manifesti anche in altro modo, per esempio con la tristezza, il senso di vuoto, la rabbia o l’ira.

«Chi soffre della paura dell’abbandono molto spesso finisce per mettere in atto comportamenti che la aggravano, per esempio evitare di legarsi agli altri»

Quali sono le origini dell’angoscia d’abbandono?

Esistono degli eventi nella vita che portano, per vari motivi, a costituire un attaccamento insicuro che, “a quanto pare”, si trova alla base del disturbo di ansia da separazione diagnosticato come disturbo dell’età pediatrica dal DSM IV TR, ma anche alla base di relazioni patologiche segnate dall’ansia da abbandono che si manifestano nell’età adulta.

L’angoscia di abbandono richiama un senso di vuoto, di smarrimento di fronte alla vita stessa, che improvvisamente appare defraudata di significato. Essa nasce dalla percezione di “non essere nella testa di nessuno”, nel cuore di nessuno: in assenza dell’altro che ci faccia da specchio, la paura più profonda è quella di non esistere più. Per comprendere questa sensazione basti pensare al bambino che si nasconde per gioco, ma che non venga trovato da nessuno.

L’angoscia di abbandono affonda le radici nella prima infanzia, e nelle modalità con le quali si sono affrontate le piccole e grandi separazione nella vita. Queste separazioni in fondo sono rivoluzioni necessarie nello sviluppo dell’individuo: da ogni certezza lasciata alle spalle nasce una nuova sfida che porterà ad un nuovo traguardo. Per riuscire a vederla in questo modo, è necessario affrontare un percorso personale psicoterapeutico che vada a colmare quel vuoto originario che ci si porta dietro ovunque si vada, e dal quale si cerca salvezza in ogni nuova relazione che si intraprende. Solo appianando quel vuoto personale sarà finalmente possibile star bene (anche) in due.

 

L’ansia da abbandono begli adulti

L’ansia da abbandono, o angoscia abbandonica, la possiamo trovare nelle forme di relazioni dipendenti che ci circondano, la troviamo nel disturbo di personalità dipendente , la vediamo nell’annullamento di sé che si instaura nei rapporti d’amore e nella fuga che si scatena nel partner.

L’angoscia, più dell’ansia, è profonda e penetrante

Le relazioni patologiche e l’ansia d’abbandono

Esistono delle relazioni fortissime scambiate per amore profondo ma che in realtà sono soggette alle leggi dell’ansia da abbandono di uno de partner. C’è uno dei due che si pone come “l’incapace” e che, automaticamente, investe l’altro di un grande potere: ogni cosa è fatta per evitare che l’altro vada via, per evitare quell’allontanamento vissuto come perdita e abbandono perché riattiva echi lontani di un bambino che ha vissuto una relazione affettiva genitoriale poco stabile, povera di nutrimento amorevole e affettivo.

Chi soffre di ansia di abbandono parla d’amore ma non lo sa provare, chiede amore, ma non sa come darlo, si dice innamorato, ma non sa cosa significhi, si perde nell’altro mantenendo il controllo della relazione. l

Entrambi i partner sono persone incapaci di essere autonomi: l’uno vive per l’altro, ognuno cerca di colmare il proprio vuoto interiore attraverso il compagno, tentando di avere, inutilmente, nutrimento da una relazione che è sterile di per sé perché incapace di aprirsi e vivere in maniera onesta. Ma che succede quando il partner se ne va a chi soffre di ansia da abbandono? Spesso si ha la sensazione di morire, di disgregarsi, di andare letteralmente in pezzi o invece la ricerca spasmodica di un nuovo partner che possa aiutarlo a placare e a sedare la sua ansia attraverso la sua finta presenza.

Come superare l’angoscia d’abbandono

L’obiettivo e’ riuscire a percepirsi come persone in grado di nutrirsi da sole, imparare a percepire il proprio vuoto interiore.

 Recuperare se stessi, riconoscere i propri bisogni, imparare a guardare se stessi e l’altro per quello che si è il primo passo. Il secondo è farsi aiutare. Un percorso con uno psicoterapeuta è forse la strada migliore per poter vedere e attraversare tutto il dolore passato che alimenta e vive nel disturbo presente.

Di seguito elenco vari modi per superare l’angoscia d’abbandono

1. Come per molti altri comportamenti disfunzionali, la parola chiave è consapevolezza. (Sconfiggere i propri fantasmi interni). Ammettere a noi stessi di avere paura di qualcosa e riconoscere quella paura– in questo caso essere abbandonati e rimanere soli – è il primo passo verso la trasformazione.

2. Lavorare sulla propria identità
Quando siamo innamorati, sopravvalutiamo l’altro, che ci sembra perfetto così com’è. In realtà, stiamo trasferendo all’altro tutte le qualità che vorremmo avere noi. Quando poi la relazione finisce, ci sentiamo persi, come se non valessimo niente senza l’altro a fianco. Piuttosto che cercare nell’altro le qualità che non abbiamo e che vorremo avere, cerchiamo di costruircele dentro di noi.

3. Guardare il lato positivo
Il distacco porta con sé anche degli aspetti positivi. Tutto accade per una ragione; se una relazione – di qualsiasi tipo – arriva al capolinea è perché non è più adatta a noi. Quando lasciamo passare un po’ di tempo e ci guardiamo indietro, ci accorgiamo di come il distacco sia stato un’importante fonte di riflessione, una ricchezza che ci ha fatto crescere, ci ha fatto vedere il mondo da un altro punto di vista e ci ha offerto più opportunità.

4. Smettere di generalizzare
Generalizzare ci porta a distorcere la realtà e a cancellare i dettagli che invece fanno la differenza. Così finiamo per non vedere le vie di mezzo, e pensiamo in termini di tutto o niente, bianco o nero.
Il fatto che un uomo o una donna ci abbia lasciato non significa che tutti gli uomini e tutte le donne siano uguali e si comportino allo stesso modo. Generalizzare ci allontana dalla fiducia, che invece è il pilastro su cui si dovrebbero fondare le nostre relazioni.

5. Godere delle relazioni che si hanno al momento
Il qui e ora è l’unico momento che esiste, l’unica certezza che hai. Pre-occuparsi delle cose prima che accadano è assolutamente inutile. Nulla è per sempre – siano essi momenti belli o brutti. Tutto è impermanente. Riuscire a godere delle relazioni che si hanno ora, esattamente nel luogo in cui ci si  trova con le persone che si hanno di fianco.

I partner delle persone con l’angoscia d’abbandono

Il modello di relazione sviluppatosi in infanzia, positivo o negativo che sia, tende a preservarsi attraverso particolari meccanismi: innanzitutto, influenzando i “gusti” personali. Generalmente, coloro che sono convinti dell’instabilità delle relazioni finiscono per stabilire legami proprio con persone instabili, emotivamente inaffidabili o incapaci di impegnarsi in un rapporto durevole. Al contrario, non sembrano altrettanto attratte da chi mostra stabilità e capacità d’impegno. Pur sapendo che questo secondo tipo di partner consentirebbe loro di rischiare meno l’abbandono, sembrano spinte verso individui della prima tipologia forse riconoscendoli, inconsapevolmente, più coincidenti alla loro idea di figura di riferimento.

La scelta di persone poco accessibili o inaffidabili finisce, in un circolo vizioso, per tenere viva la percezione d’instabilità delle relazioni e, quindi, la paura dell’abbandono.

Le conseguenze  della paura dell’abbandono e le strategie disfunzionali

Altri fattori, oltre alla scelta di partner poco affidabili, mantengono viva la paura dell’abbandono. In particolare tre strategie disfunzionali che, spesso, vengono adottate nelle relazioni. Si tratta dei comportamenti di evitamento, d’ipercompensazione e di resa.

Un esempio di comportamento d’evitamento è decidere di non legarsi sentimentalmente. Molte persone con ansia d’abbandono, in effetti, tendono a condurre una vita in solitudine.

Un esempio di comportamento d’ipercompensazione è controllare gli spostamenti del partner per accertarsi che non stia facendo niente di dannoso o scorretto. Chi utilizza l’ipercompensazione può mostrarsi estremamente possessivo, per esempio aggredendo chiunque possa minacciare la relazione. Lo scopo è impedire l’insorgere della paura dell’abbandono o l’abbandono vero e proprio

Un esempio di comportamento di resa è la “scenata” di gelosia.

A questo punto, in conclusione di questo articolo, vorrei sottolineare la necessita’ di un supporto psicologico che aiuti l’individuo “dipendente e con angoscia di abbandono” a trovare in se stesso risorse che vadano a nutrire quel vuoto arcaico che tanto lo fa soffrire: e che lo porta non solo ad immergersi in relazioni disfunzionali ma anche ad avere paura di guardare il proprio vuoto.

Il terapeuta dovrebbe essere capace, in alleanza con paziente, a riempire quel vuoto facendo si che il paziente stesso, scoprendo le proprie risorse o trovandone delle nuove possa vivere bene godendo di se stesso e di ciò’ che e’ capace di essere e di fare. Ognuno di noi ha talenti nascosti e sotterranei a cui poter attingere per stare meglio indipendentemente dagli altri, da solo qualora non vi siano intorno persone positive alla sua vita. Stare soli non e’ una condizione negativa, posto che si stia veramente soli in questa società’ che ci da tante possibilità nel sociale. Infine la consapevolezza e la comprensione dell’origine di questi timori, ansie e angosce consente al paziente di affrontare la solitudine in modo più’ sereno – modalità che certamente porterebbe alla scomparsa di tali sintomi e ad un buon rapporto con se stessi.

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